30 Dicembre
30.12.2018 16:32
Il 30 dicembre 1230 , nella chiesa di Sant'Ambrogio, sita nel quartiere Santa Croce di Firenze, nel detergere il calice durante la messa,il sacerdote di nome Uguccione, vi lasciò inavvertitamente del vino consacrato: il giorno dopo, secondo quanto tramandato dalla tradizione, lo ritrovò "come sangue vivo raggrumato e incarnato".

Il liquido raggrumato, raccolto in un'ampolla di cristallo, fu portato in curia per disposizione del vescovo, monsignor Ardingo Foraboschi, piuttosto scettico[senza fonte]. Dopo un periodo di osservazione di un anno la reliquia, per intercessione dei frati francescani, fu riportata nella chiesa di Sant'Ambrogio, dove tuttora è custodita in un artistico tabernacolo di marmo, realizzato da Mino da Fiesole. Anche la reazione del pontefice fu tiepida e si limitò alla concessione tardiva di indulgenze, nel 1257 e nel 1266, ben diversa dalla sensazionale promozione nei confronti dell'analogo presunto miracolo di Bolsena del 1263[senza fonte]. L'importanza attribuita ai miracoli eucaristici è da ricollegare alla lotta contro le eresie dei Catari e dei Patarini che, anche se per motivi diversi, negavano la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nell'eucaristia[senza fonte].

Venne affidata alla Corporazione dei Giudici e dei Notai, la più importante di Firenze, la cura della reliquia, che ogni anno veniva portata in processione, e avrebbe salvato la città in occasione della peste del 1348. L'episodio è descritto in un affresco del 1486, opera di Cosimo Rosselli, conservato nella chiesa stessa.

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